
Il sogno dei Caraibi si infrange a Saint Martin

Bella spiaggia, ma milioni di metri cubi di strutture turistiche subito dietro.
Le spiagge di Saint Martin sono bellissime. Sabbie chiare, mare smeraldo, palme ed alberi frondosi, a volte aperte sul procelloso Oceano Atkantico, a volte riparate sul lato del mare dei Caraibi. Sono numerose e non avremmo voluto distaccarcene.
E bene avremmo fatto a non lasciarle, perche’ alle loro spalle c’è un vero inferno. Una sola, totale, squallida periferia da grande citta’ con magazzini, depositi, casupole dei poveri immigrati, strade polverose. Oppure porti turistici, Casinò, discoteche, saloni da feste, locali da adulti, centri commerciali, ristoranti. La Las Vegas dei Caraibi. Ovunqe un traffico angosciante.
Qua e la’ i complessi, chiusi con alti muri, delle lussuose ville o dei condomini con vista sulle Marine affollate da grosse barche.

Una delle poche attrazioni di Philipsburg: il palazzo di giustuzia con un ananas sopra. By Asksxm – Own work, da Wikicommons.
A partire dagli anni 60 una politica di progressiva liquefazione delle regole ha dopato l’economia: porto franco, detassazione, deregulation. Si installarono le attività tipiche del riciclaggio: casinò ed edilizia turistica soprattutto dalla parte olandese, la prima a liberalizzare. Sulla tradizione, peraltro, delle colonie olandesi dei Caraibi, nate nel ‘600 come basi commerciali. Ora come allora vi si fa mercimonio spietato di tutto, in uno sfrenato orgasmo liberistico.
In anni passati il boss locale era un certo Rosario Spadaro del clan dei Santapaola di Catania, giusto per dire. Lo stesso Nitto Santapaola frequentava l’isola. Del resto la Colombia è vicina e sono molte le isole caraibiche profondamente implicate nel passaggio della coca verso Stati Uniti ed Europa.
In questo contesto sono state costruite migliaia di ville e di appartamenti in condomini di alto livello, creando lavoro nell’edilizia e nella successiva miriade di servizi che la clientela richiede. Lo stesso succede per l’indotto marittimo, con i porti turistici, le cosiddette Marine, e le loro infinite barche, alcune molto importanti.

L’assalto alle colline. By giggel, da wikicommons.
Si sono riversate, quindi, su Saint Martin decine di migliaia di lavoratori delle vicine isole caraibiche che hanno dovuto trovare alloggio. Questi immigrati eseguono spesso lavori di bassa manovalanza, di servizio domestico, di semplice manutenzione delle ville, dei giardini, delle barche. Gli stipendi sono bassi e le condizioni abitative di questa gente sono modestissime. I lavoratori sono molti ed i loro quartieri simil-bidonville hanno riempito l’isola. In una tale disgregazione sociale la malavita prospera. Luoghi di riciclaggio, poteri anche corrotti (un governatore olandese fini’ in carcere in una inchiesta per mafia), disinteresse per il bene pubblico, che cade letteralmente in rovina. Andando a zonzo ho attraversato, senza volere, senza sapere, il quartiere dei dominicani, nella parte francese. Avevo notato che la gente mi guardava strano, dopo ho saputo che è uno dei luoghi da cui tenersi attentamente lontani.
Saint Martin è soprattutto frequentata per i piaceri notturni: vi sono molti Casinò, molti bar per la sera, un’infinità di locali per adulti. Il denaro scorre facilmente.
Si ha quindi un’isola in cui sono intimamente mescolate le zone di lusso con le loro muraglie, quartieri-ghetto e zone del divertimento notturno verso le quali sciamano, a sera, le prostitute, sugli stessi bussini sui quali tornano dal lavoro le loro sorelle maggiori che hanno fatto i servizi negli alberghi o nelle ville.
Tutte queste cose e vicende avvengono in pochissimi chilometri quadrati; il giro dell’isola si fa in meno di una giornata di cammino.
La viabilità è scarsa ed in pessimo stato. Su quei pochi chilometri di strade si riversano le macchinone dei ricchi residenti, il traporto pubblico dei lavoratori, i mezzi di servizio, le auto noleggiate dai turisti di passaggio. E’ praticamente un solo ingorgo continuo che interessa l’isola da un capo all’altro. Un’ora per fare i 10 chilometri che separano le due capitali è la norma.
La situazione è ulteriormente peggiorata dal fatto che ogni anno arrivano sull’isola un milione di turisti di breve durata ed un altro mezzo milione che sbarca dalle navi da crociera per poche ore. L’affollamento della parte olandese, più glamour, è totale.
I turisti si riversano, immancabilmente, sulla famosissima spiaggetta di Maho sorvolata a pochi metri di quota dagli aerei in atterraggio nell’aeroporto della parte olandese. Si divertono un mondo a farsi passare i Boeing 747 a pochi metri dalla capoccia.
Finora sono state occupate le parti basse dell’isola; ma le lottizzazioni turistiche e gli slums operai stanno attaccando le colline, brulle e ripide. Si sta andando verso le favelas come sulle colline di Rio.
Insomma un’isola completamente invivibile, lontanissima dal mitico mondo caraibico, che si limita alle sue spiagge. Molto diversa dalle altre isole francesi delle Antille come Guadalupa e Martinica ed abissalmente lontana da Santo Domingo o Dominica. Un caso unico. Nel 2017 un fortissimo uragano ha colpito l’isola, aggiungendo distruzione alla distruzione.
Un articolo sbrigativo e pressapochista per descrivere un luogo complesso e, seppur non privo di problematiche, molto più affascinante di come lo descrivi. Nemmeno la più lampante delle differenziazioni (Saint Martin/Sint Maarten) ti è sembrata degna di nota (la frontiera, anche se non c’è dogana…. esiste). Hai preferito liquidare l’intera isola come un covo di prostitute e malavitosi, descrivere i suoi abitanti come miserabili che vivono in baracche, lagnarti del traffico di mezzogiorno… Hai preferito la sensazionalità del racconto (veramente da brivido) di come hai rischiato la vita nell’inferno di una presunta favela dominicana. Tutto questo dimostra come tu non abbia voluto capire nulla di quel posto, della sua storia, delle sue tradizioni, della gente che ci vive e della sua straordinaria multiculturalità. Dimostra come ti sia fermato ad uno sguardo superficiale, utile solo al tuo superfluo articolo che non approfondisce nemmeno uno degli aspetti di un territorio quantomeno singolare . Persino uno degli avvenimenti più drammatici della storia di quell’isola, è stato raccontato con un’unica parola, quella che evidentemente merita un posto così abbietto: distruzione.
Volevi le graziose casette con giardino? Le facce pulite e rassicuranti? I negozietti ordinati e le spiaggette tranquille? Potevi andare a Saint Barth. Avresti sicuramente trovato tutto questo, accuratamente depurato dalla vita vera e infiocchettato in un pacco regalo, compreso di fattura finale a molti zeri. Oppure volevi trovare i carretti con gli asinelli, i contadini col fazzoletto in testa e le aragoste a 2 euro? Peccato… sei arrivato un po’ tardi, col tuo cappello da esploratore. Pensa che anche gli indigeni ora desiderano un telefono cellulare e il suv per andare a prendere i bambini a scuola…
Comunque non ha smentito una sola cosa di quelle che ho detto e non ha aggiunto un solo aspetto positivo che potesse migliorare la percezione di questa infelice isola e dei suoi abitanti. E vedo anche che continua a leggere i miei articoli e a commentarli. Immagino che sia una operatrice turistica, magari New Age, infastidita da quelle verità che rischiano di allontanare i polli da spennare. E’ per questo che esiste il Viaggiatore Critico.
Salve…. Mi spiace ma non c’è nulla di più lontano da me di quello che si immagina. Non sono operatrice turistica (nella mia vita non devo spennare proprio nessuno) e ancora meno New Age (dio me ne scampi). Infastidita si, perchè le sue “verità” sono, appunto, sue e denotano uno spirito di osservazione superficiale (non critico, come crede lei). Se ha letto bene ciò che ho scritto, non ho negato che esistano parecchi problemi, ho solo detto che c’è anche molto altro, quello che lei non ha voluto vedere. Se vuole glielo racconto, dato che ci ho passato 15 anni molto belli della mia vita. E (a scanso di equivoci) non li ho passati in una lussuosa villa a sorbire cocktail con vista sull’oceano, ma in uno di quei “malfamati” quartieri-ghetto di cui lei parla (a vanvera), a contatto con i suoi “infelici” abitanti, lavorando con persone di nazionalità e isole diverse (pagati con stipendi dignitosi), di cui molti diventati cari amici.
PS: si, ho letto altri suoi “articoli”, perchè sto facendo delle ricerche su internet per un testo che sto scrivendo e sono capitata su questa pagina. Sa, sono una a cui piace documentarsi.