La brutta vita della Guadalupa

La brutta vita della Guadalupa

Gennaio 26, 2017 4 Di ilviaggiatorecritico
img_20170115_125313

Spiaggia di Saint’Anne.

Stranissimo mondo la Guadalupa.  E’ una colonia francese ed è quindi come essere in Francia, ma ai Caraibi, o alle Antille, come dicono loro; poco più a nord della Martinica. La Guadaloupe è un’isola ricca di belle spiagge e di una grande catena montuosa dalla rigogliosissima vegetazione. Nei pressi le isole minori de Les Saintes e la meravigliosa Marie Galante.

Purtroppo il turista ci vive male. Non sono capaci di ben accogliere il visitatore. Vi sono aspetti incredibili.

Non esistono i bar! Da dimenticare di riposarsi a fine giornata, in vista mare, con una bella birra. Li ho cercati dappertutto, ma di bar ne ho trovato pochissimi, e quei pochi mi son sembrati brutti, trasandati, costretti in miseri angoli, con vista al massimo su un parcheggio. Se hai sete devi andare in uno dei loro alimentari e comprarti una birra, che puoi bere su una sedia zoppa, sul marciapiede.

Del resto vi sono poche marche di birra, e tutte in bottiglie molto piccole. Mi hanno spiegato che i locali preferiscono bere rum, la sera, rapidamente, in questi negozi ed in quantità modesta. Manca, quindi, completamente, la cultura del bar, come si intende nel Mediterraneo. Mi hanno spiegato che ai tempi dello schiavismo e successivi, vi era una grande censura morale e sociale contro il consumo di alcolici; appunto per timore che la  capacità di lavoro degli schiavi e degli operai ne fosse diminuita. E che questa censura continua fino ad oggi. Quindi il massimo consentito è un bicchierino di rum assorbito alla svelta e quasi di nascosto.

Anche i ristoranti sono molto deludenti: brutti, malandati, mal tenuti, affollati e di cattiva qualità. Fuori dall’orario dei pranzi offrono bevande ai turisti stanchi, ma non sono certo degli accoglienti bar. Mancano anche, quasi del tutto, i bistrot francesi che sono bar dove puoi mangiare uno o due piatti.

Grande quantità, invece, di piccole rosticcerie, dove comprare un fagotto di cibo e scappare a mangiarselo a casa, furtivamente. Molto diffusi anche i furgoni che nelle piazze, nelle vie, vendono cibo di bassa qualità e molto anonimo. Si mangia anche molto nei centri commerciali. Non ho visto un solo ristorante elegante.

img_20170113_180036

Pointe de la Vigie.

La pur importante cucina delle Antlle affoga miseramente fra paninis, pizza, hamburgher, polpette e fetenzie simili. E per finire, il rapporto qualità/prezzo è scandaloso. Sulle spiagge, alcune delle quali anche molto belle, la situazione non migliora. Qualche furgone, con poveri ombrelloni e la gente intasata sotto, che in confronto le feste dell’Unità erano puro lusso. L’unico sollievo è dato al turista caparbio da certe gargotte di pessimo aspetto dove si rifugiano i vecchi a bere bicchierini di punch al rum. In quelle bettole, nascoste nei paesi e lontane dai luoghi più turistici, il padrone fa anche da mangiare, sempre cibi locali e spesso di grande bontà. I tavoli sono comuni e ci si siede e si chiacchera con tutti, se, naturalmente, conoscete il creolo. Luoghi interessantissimi da un punto di vista antropologico, ma certo ben diversi da quello che uno può aspettarsi ai Caraibi.

Nemmeno per quanto riguarda gli alberghi la situazione è confortevole: sono pretenziosi e molto cari, ma di basso livello generale. Sono tutti concentrati a Gosier, dove la spiaggia è minima. Quindi, tutti quanti i turisti affittano una macchina e si sparpagliano nel resto dell’isola cercando quel che possono. Intasamenti.

Ma mancano anche i bei negozi, le cui vetrine, a volte, si ama ammirare. Solo botteghe cialtrone in mano a libanesi arraffoni. Lo stesso grande centro commerciale prossimo a Point-à-Pitre è una brutta copia di quelli veri, ma con prezzi superiori a quelli francesi.

img_20170115_141530

Pranzo sulla spiaggia?

I centri urbani alle 6 di sera si spopolano completamente ed appaiono lugubri e pericolosi. Poche luci, nessun passante, non un locale aperto. Tutti barricati in casa a vedere la televisione. I turisti non possono fare altro che stare rinchiusi negli alberghi. La morte civile. Impossibile trovare un corso dove fare una passeggiata con dei locali accoglienti, dove fare amicizia con questo o quella, mangiarsi un gelato, come si fa sulla Riviera Romagnola.

Non si ode mai, e da nessuna parte, uno spiffero di musica. E siamo ai Caraibi!!!

Unica eccezione, importantissima, sono le reunioni del sabato sera di certi gruppi informali che suonano le percussioni. Si ritrovano nei paesi, fuori dalla bottega-bar e fanno cose travolgenti. Non vi è un vero pubblico, solo i passanti che si attardano ad ascoltarli. I suonatori non chiedono soldi per essere ascoltati, lo fanno per il proprio piacere. E’ come essere nel campo degli schiavi, di notte, dopo il taglio della canna, due secoli fa. Difficile trovarli, bisogna chiedere in giro, questo è un video rappresentativo.

I trasporti pubblici sono complessi e confusi, non certo alla portata del turista, obbligato ad affitare un’auto per muoversi anche di poco.

Potrebbe essere un paradiso, quest’isola ed è invece un luogo povero di vita ed immiserito dalla tristezza,  Il perfetto contrario della “Bella Vita” che ci si attenderebbe ai Caraibi. I perchè vanno probabilmente ricercati nell’oppressione che un manipolo di meschinissimi francesi hanno fatto sulla popolazione di schiavi prima e di asserviti poi. Hanno ucciso l’anima di un popolo che è diventato incapace di vivere e di gioire. Ed infatti la tensione razziale è altissima.