Alcune migliaia di pensionati italiani hanno deciso di trasferirsi stabilmente in Tunisia. Perché? La legislazione tunisina non tassa le pensioni degli stranieri o lo fa in misura modestissima, in caso di livelli di redditi assai alti. Le sole condizioni sono di affittare annualmente casa, aprire un conto bancario in euro, prendere la residenza. Da parta sua le Stato italiano non tassa le proprie pensioni se il beneficiario passa più di 187 giorni all’estero. Quindi il pensionato italiano che si trasferisce in Tunisia e vi passa almeno la metà di ogni anno riceve la sua pensione lorda e non netta. La riceve sul conto in Tunisia dove la spende o la rimanda in Italia, con minime spese bancarie. Un sollucchero per la genìa italiana, così appassionata di evasioni ed elusioni fiscali. Quindi molti lo fanno. Vanno soprattutto ad Hammamet, ma anche a Sousse, Djerba, Monastir, Mahdia; alcuni, pochi, a Tunisi, troppo incasinala.
Ma vale economicamente la pena? Dipende dall’importo della pensione. Bisogna considerare che in Tunisia si dovrà affittare una casa per tutto l’anno ad un importo che molto difficilmente sarà inferiore ai 500 euro il mese. Poi andrà arredata o si dovrà fare il trasloco dall’Italia. Si contano poi i viaggi andata e ritorno da stimare a 100 euro a tratta, in aereo o in nave. Al limite si può fare solo una andata e ritorno all’anno e passare i sei mesi in Tunisia tutti d’un fiato, ma più facilmente si faranno due o tre viaggi. Poi bisognerebbe pensare ad una auto in Italia ed una in Tunisia perché le legislazioni non permettono proprio di poterne avere solo una e spostarla fra i due paesi. Ed infine le spese sanitarie, ovviamente private, visto lo stato della sanità pubblica tunisina. Però aiuta il fatto che la vita in Tunisia costa poco, sia perché i prezzi sono molto bassi, circa un terzo di quelli italiani, sia perché c’è ben poco da fare e da comprare. Il risultato dei conti è semplice. Il trasferimento conviene economicamente solo al di sopra di un certo livello di pensione; sotto, le maggiori spese sono superiori al vantaggio fiscale. Possiamo empiricamente stabilire questo limite fra i 2500 ed i 3000 euro lordi mensili. Al di sotto è ancora possibile trasferirsi, ma con forti rinunce ed una vita grama.
Ma come si vive in Tunisia? Come si può trovare una coppia di neo pensionati italiani, poco avvezzi a cieli che non siano quelli di casa propria? Bene, la risposta è tragica. In Tunisia si vive maluccio.
Cominciamo dalla base: il clima. Dimentichiamoci l’eterna primavera e vivere in ciabatte. Il clima tunisino è del tutto simile a quella della Sicilia. Quindi esiste l’inverno, il freddo, l’umidita, la pioggia. Certo meno che a Milano, ma ci vuole comunque il cappotto, le scarpe pesanti, l’ombrello, il riscaldamento, le coperte sul letto. Meno a lungo che in Italia, ma ci vogliono comunque. D’inverno il bagno in mare non ci si pensa proprio a farlo. In cambio l’estate è un inferno. Ho vissuto giornate a 44 gradi (di termometro) in località marittime ed è una estate che non finisce più. Aria condizionata assolutamente inevitabile. Poi ci saranno quelli che dicono che a casa loro ci fa sempre fresco. Impossibile a meno di avere delle muraglie per pareti e delle strategie sopraffine per dirigere verso il letto su cui giacete esausti gli scarsi refoli di vento.
Passiamo al cibo. Siamo nel Mediterraneo e quindi gli ingredienti sono quelli della cucina italiana. E si trovano anche i cibi tipicamente italiani come la pasta Barilla, il parmigiano, il vino, i biscotti del Mulino Bianco. Ma a prezzi da amatori, improponibili per chi è in Tunisia per risparmiare sulla pensione. Gli ingredienti naturali, come carne, pesce, frutta e verdura costano invece moltissimo meno che in Italia, diciamo, come grande media, un terzo. Ma quale è la loro qualità? I tagli della carne sono diversi da quelli italiani, a volte simili a quelli francesi, altre volte ci si limita a smembrare l’animale senza grazia. Per mantenere i prezzi bassi, una necessità inevitabile in un mercato povero, non si usa il ghiaccio per conservare il pesce, se non in ridottissima misura. D’inverno va ancora bene, ma d’estate, sopra i 40 gradi potete immaginare quanto dura la freschezza del pescato. Nei mercati bisogna fare molta attenzione, i commercianti non si vergognano a rifilarvi pesce marcescente. La frutta e verdura è esclusivamente di stagione, la varietà è scarsa e l’aspetto è bruttino: pezzi piccoli, ammaccati, maltrattati. Ma il sapore è spesso migliore di quello nostro a causa di una raccolta più vicina al momento della maturazione ed al minor uso di concimi ed acqua. I prodotti per la casa e l’igiene sono disponibili, sia pure con poca scelta. Scarsi i formaggi, se non di importazione francese. Ovviamente assente la carne di maiale e gli insaccati, solo alcuni supermercati la offrono, con pochissima scelta. Purtroppo mancano spesso, negli ultimi anni, certi prodotti di largo consumo come lo zucchero e l’olio di semi. Trovarli può essere difficile. Far la spesa in Tunisia è quindi un compito abbastanza facile: si porta a casa di che nutrirsi, accontentandosi di un paniere molto basico di qualità mediamente modesta e di aspetto un po’ triste. Nessun volo, nessuna eccellenza. Ma girare per i mercati popolari è una bella esperienza; se no ci sono i soliti supermercati, uguali in tutto il mondo.
Cosa fare in Tunisia? Questo è il grosso punto interrogativo di tutta la vicenda. Ok, c’è la spiaggia d’estate, molto bene. Poi si possono fare dei giri, delle visite. Ma bisogna avere la macchina tunisina con targa tunisina, oppure la si affitta per qualche giorno. Le destinazioni non sono moltissime, ma sono abbastanza varie: deserto a sud, montagne a nord, città di mare sulla costa, Tunisi ed i suoi musei. Si gira facilmente, senza pericoli od impicci. Ma mancano le piccole attrazioni a cui siamo abituati in Italia: il borgo semi-sconosciuto, il monumento-gioiellino in qualche paesetto, il museino locale. Manca soprattutto la piacevolezza della passeggiata nelle strade, nelle piazze, nei borghi. In Tunisia tutto è mezzo scatasciato, marciapiedi butterati, immondizia a tutti gli angoli, traffico caotico, incuria perenne, qualità della vita bassa, polvere, rumore. “Esco a fare due passi” non esiste. La vita culturale è quasi inesistente al di fuori di Tunisi ed anche lì è molto spesso solo in arabo, come è giusto che sia, ma ciò esclude lo straniero foss’anche francofono. Restano quindi quei qualche caffè dove si trovano gli italiani, soprattutto ad Hammamet, ma che finiscono per non esser troppo frequentati. Perché poi i bar dove si può bere una birra od un bicchier di vino sono rarissimi. Nella stragrande maggioranza solo the e caffè; e son locali spesso bruttarelli dove lo squallore spe ilnge desiderio di sedervisi. I pensionati italiani si ritrovano quindi a stare anche molto in casa. Manca, insomma, quel che ci si sarebbe potuto attendere: una allegra brigata di spensierati pensionati che hanno creato una comunità ricca di occasioni di scambio e di divertenti passatempi.
Resta l’argomento più spinoso: il rapporto con i tunisini. Da una parte l’italiano si trova di fronte alla gradevolissima sorpresa di trovare i tunisini estremamente gentili, accoglienti, ben disposti e servizievoli. La prima impressione è eccellente. Ma è, appunto, la prima impressione oltre la quale, purtroppo, molti non riescono ad andare. L’ospitalità è un obbligo sociale fondamentale nella cultura ottomana; non se ne discute nemmeno, lo straniero è accolto con tutti gli onori. A maggior ragione se viene dall’Italia ed ha quindi mille cose condivise con i tunisini, da sempre. Nemici ai tempi di Annibale, ma sempre molto vicini. Ma l’ospitalità è una cosa, l’amicizia, la vicinanza, lo scambio fra gli animi è tutt’altra cosa. L’ostacolo della lingua è enorme. L’italiano ovviamente non parla il tunisino e normalmente nemmeno il francese. Il tunisino della strada parla maluccio il francese; alcuni biascicano un brutto italiano. Da un punto di vista religioso i tunisini sono del tutto tolleranti; non saranno affatto toccati dal fatto che non siete mussulmani, che mangiate il maiale e scolate le birre e che vi ingolfate di cibo durante il ramadan. Non gliene può fregar di meno. Non sono nemmeno gelosi del fatto che guardate le loro ragazze e magari fate loro delle proposte. Ed anche del fatto che andiate in giro mezzi ignudi non gliene frega niente. Nonostante tutto ciò resta una barriera invalicabile. Voi siete di un’altra sponda, siete diversi, siete degli infedeli e nessun legame profondo può veramente unirci. Legami profondi che sono molti difficili anche fra tunisini che passano la loro vita e spendono le loro energie per odiarsi profondamente gli uni contro gli altri, a tutti i livelli, anche familiare. Figuriamoci con uno straniero. Fare realmente amicizia con un tunisino è fatto rarissimo e può avvenire solo con quelle persone che hanno superato i blocchi della propria cultura ed hanno un respiro più ampio. Quindi il pensionato italiano resta un po’ bloccato nella propria sferetta. E si accorge ben presto che questi ospitalissimi tunisini non perdono occasione per fregargli dei soldini con tutti i metodi possibili: conti sbagliati, prezzi aumentati, resti incompleti, fatture immotivate, fregaturine continue. Il risultato è chiudersi in loro stessi ed in casa, contando i giorni che mancano loro per compiere con gli obblighi della defiscalizzazione e poter finalmente tornare in Italia.
Perché è questo che succede: si finisce per vivere in funzione del risparmio fiscale e si prendono i sei mesi di Tunisia come una specie di condanna da vivere in apnea, muovendosi il meno possibile, per risparmiare ulteriormente sulla pensione e per limitare le occasioni di difficoltà rispetto alla Tunisia ed ai tunisini. Una sorta di letargo non provocato dal freddo, ma dagli obblighi legali. E ciò non va affatto bene. Una interessante esperienza in una cultura completamente differente si trasforma in uno stillicidio di giorni contati in attesa dell’alba, del ritorno in Italia. Un risparmio di tasse che si trasforma in incubo. In effetti c’è qualcuno che riesce a trovare il gusto di vivere in Tunisia e si pasce della vita tranquilla, dei ritmi lenti, dell’atmosfera che ricorda quella degli anni ’60 in Italia. Ma ho l’impressione che siano una minoranza, piccola.