Ecuador, subito.

Ecuador, subito.

Settembre 23, 2019 3 Di ilviaggiatorecritico

Foto un pò da cartolina. Si tratta del Signor Chimborazo, 6300 metri. Foto di David Torres, via Wiki Commoins.

C’e’ un paese di cui nessuno parla mai e che nessuno visita, o quasi. E’ in mezzo a due paesi molto conosciuti e relativamente frequentati. Ma quello di cui parliamo, il cittadino italiano medio non sa nemmeno dov’e’. Eppure è probabilmente il paese che al mondo meriterebbe maggiormente di essere visitato.

Si tratta dell’Ecuador. E, giusto per l’italiano medio, sta proprio in mezzo fra Colombia e Perù.

Non ha le spiagge caraibiche come la Colombia o le rovine di Machu Picchu come in Perù; ma è un paese con un incredibile concentrato di paesaggi naturali e città storiche. E’ proprio questa la caratteristica principale dell’Ecuador, rispetto ai vicini paesi sudamericani: le piccole dimensioni e l’estrema varietà ambientale. In poche ore, nella stessa giornata, si può passare dalla foresta amazzonica, alla neve dei vulcani andini, alle spiagge del Pacifico. E’ una specie di riassunto tascabile del Sudamerica; il Bignami del mondo andino. In più, il centro storico di Quito (che sarebbe la capitale, sempre per l’italiano medio) è certamente il più bello fra quelli di tutte le capitali sudamericane. Sarebbe quindi una meta turistica eccezionale: in poche centinaia di chilometri si vedrebbero cose che altrove non si trovano in molte migliaia.  Invece quasi nessuno ci va; tutti attratti come falene dal vicino Perù, ben meno interessante, ben più ovvio e mille volte rimasticato. Questo dimostra ancora una volta come i turisti siano, molto spesso, un gregge di pecoroni inconsapevoli che vanno a farsi tosare dove i padroni del turismo decidono.

Ed infine, come sicurezza, pur trovandosi nell’infernale continente sudamericano, dove la vita vale meno di una cicca, l’Ecuador sta messo meglio di quasi tutti gli altri paesi. Anche se bisogna comunque stare molto attenti.

La magia della notte del centro storico di Quito. Foto di Avemundi via Wiki Commons.

Il giro classico dell’Ecuador prevede le due città storiche della parte andina: Quito e Cuenca. Soprattutto la prima che ha chiese, palazzi e tessuto urbano in bellissimo barocco coloniale, molto ben conservato e valorizzato. Io amavo percorrere il centro vecchio di notte, da solo, con le stradine debolmente illuminate, scendendo da San Francisco verso Santo Domingo o arrivando alla fine della via chiamata Mama Cuchara. A quell’altezza (2.800 metri slm) la notte fa freddino; l’aria è pungente e le stelle sono prepotenti. Quasi nessuno in giro, qualche vecchio indigeno (mai usare la parola indio, è dispregiativa) o degli ubriachi da scansare perché molesti. Atmosfere molto suggestive.

Immancabile la visita ai due maggiori vulcani: Cotopaxi e Chimborazo imponenti e d’altezza per noi proibitiva. Si arriva in macchina fin oltre i 4.000 metri; la mancanza d’ossigena fa arrancare il motore. Ma sono paesaggi commoventi; ci ho pianto più volte. Vastissime steppe di altitudine dolcemente modellate o rotte in profondi valloni. Il regno del silenzio, della nebbia, ma anche del vivissimo sole di altitudine, sotto un cielo grande; aria finissima, visibilità di chilometri e chilometri. Pecore ed indigeni. Si è leggeri a quell’altezza e vien fatto di camminare rapidamente; vai subito in debito di ossigeno e resti a boccheggiare per minuti, credendo di morire. Progetti di sviluppo italiani ci portarono, decenni fa, dei pini nostrali; nella terra delle radici c’erano le spore dei pineroli che gli ecuatoriani (non ecuadoregni come dicono i giornalisti ignoranti) non conoscevano e non mangiano: se ne trovano distese infinite.

Dalla zona andina si scende, verso ovest nella foresta amazzonica. Brusco salto che in due  tre ore ti porta sui fiumi che sboccheranno nel Rio delle Amazzoni e nell’Atlantico. Quando la strada arriva sul passo andino, sempre molto dolce e mai roccioso come sulle Alpi, si è soliti fermarsi e pisciare proprio sulla linea del crinale facendo ondeggiare il getto. Parte della vostra pipì andrà nel Pacifico, parte nell’Atlantico. Sono le soddisfazioni della vita.

Il fiume Pastaza va dalle Ande verso il Rio delle Amazzoni. Libero, nella foresta, senza ponti, argini, costruzioni. Un mondo ancora sano. Foto di Ondřej Žváček via Wiki Commons.

In Amazzonia (o Oriente, come dicono gli ecuatoriani) si cercano dei giri organizzati per passeggiare nella foresta o navigare con le piroghe nei fiumi. Sono tours un po’ banali, ma organizzarsi da soli diventa complicato e ci vuole molto tempo. La foresta amazzonica non è un bosco dove si possa andare a fare due passi; non c’e’ quasi niente di veramente pericoloso, ma è probabile che senza conoscere i luoghi si rischia di non vedere niente di interessante e di finire quasi subito nel fango.

Il tempo trascorre lentamente in Ecuador ed in Amazzonia ancora di più; anche se è vicina a Quito non si fa niente in uno o due giorni. Meglio prevederne quattro. Del resto è uno dei contesti eccezionali del pianeta e merita il maggior tempo possibile che potete dedicargli. E’ qui che ho fatto il viaggio più bello della mia vita.

Dall’Amazzonia si risale sulle Ande e si riprecipita dalla parte opposta, verso est e la vasta pianura costiera. Come per la parte orientale anche in questo caso sarà meraviglioso vedere come la natura passa dalla steppa d’altitudine del passo andino alla foresta pluviale pedemontana passando attraverso tutto il ventaglio dei passaggi intermedi. In due ora si assiste ad una perfetta lezione di geografia e botanica. Andando verso il mare si passerà infine alla savana arida e cespugliosa della parte centrale del paese.

Un piatto tipico andino è il cuy al forno. Si tratta del porcellino d’India, quello grosso. Fa un pò pena, ma è molto buono ed almeno non va a finire negli esperimenti clinici tipo vivisezione. Foto di Jtesla16 via Wiki Commons.

Se non siete amanti delle piantagioni di banano, di palma da olio e dei campi di riso e di soia, la pianura costiera ecuadoriana non vi darà molta soddisfazione. Ma vi permetterà di arrivare al mare con città di divertimento (e prostituzione e coca a vilissimo prezzo), belle spiagge e parchi naturali. Normalmente si comincia da Atacames a nord e si prosegue, spiaggia spiaggia fino alla Penisola di Santa Elena a sud. Si comproverà quanto siano fredde le acque del Pacifico, il cui nome è del tutto errato. Ma si saranno mangiati i vari cebiches, il piatto regionale, fatto di pesce o molluschi o crostacei cotti solo nel limone ed accompagnati di un trito di cipolle ed erbette.  La mattina, a colazione, sul tardino, con la birra, è una esperienza che ricorderete. E ricorderete anche la successiva diarrea dovuta al fatto che vi hanno rifilato prodotti mezzo marci, perché tanto siete stranieri e non ritornerete a protestare. Perché la parola “etica” in quel paese ha pochissimo corso, insieme a “rispetto” e “sincerità”.

La città principale del paese, Guayaquil, non presenta aspetti interessanti per il viaggiatore che non ami le grandi metropoli confuse e pericolosissime del Sud America.

Ci sarebbe, infine, l’unica meta turistica ecuatoriana conosciuta a livello mondiale: le incredibili Galapagos. Ma questo è un altro viaggio.

Cominciate a fissare il volo per Quito. Ringrazierete il Viaggiatore Critico che ve lo ha consigliato.