Il continente perduto
Ci fu un lungo momento, decenni fa, durante il quale il continente sudamericano era di moda, amato, desiderato. Per i giovani un lungo viaggio nelle sue terre era quasi indispensabile. Il calcio del Brasile, le sue donne (Florinda Bolkan, i culi delle danzatrici di samba al carnevale di Rio), la sua musica (Vinicius de Moraes, Toquinho); Cuba e la sua rivoluzione con El Che Guevara; i libri di Castaneda in Messico, quelli di Garcia Marquez in Colombia (quanti locali italiani si chiamarono Macondo?), Borges e Amado; la cocaina, il peyote, la marijuana. Il reggae, gli Inti Illamani. Kingston e Cuzco. L’emozione per Allende, lo sdegno per i golpisti assassini in Argentina ed in Cile. Il dolore delle guerre civili in Centro America. Sendero Luminoso, i Sandinisti. In Italia non si parlava d’altro, in tema di turismo.
Molti vissero anni intensi di amore, interesse, rabbia, coinvolgimento e fascinazione per quel continente. Moltissimi ci andarono; molti ci viaggiarono per mesi, perdendosi nei “peggiori bar di Caracas”. Alcuni ci sono rimasti.
Poi il vento è cambiato, quella moda si è estinta. Il racconto epico ed avventiroso ha lasciato spazio alla cronaca del turismo sessuale, dell’enorme violenza, delle guerre di droga. I brasiliani hanno smesso di giocare il loro calcio; il samba e la bossa nova si sono ritirati in nicchie di nostalgici. La politica sudamericana non interessa veramente più. Tutto il resto è dimenticato. In Sudamerica non ci va più nessuno, soppiantato dall’Estremo Oriente: esotico, tranquillo, a buon mercato. Nei gruppi di turismo di FaceBook quel continente è completamente scomparso.
Non c’e’ da dispiacersene. Io continuo ad andarci, ma con sempre meno voglia. Fu un innamoramento adolescenziale collettivo: breve e senza basi. Ma è anche vero che il Sudamerica è cambiato molto, molto rapidamente ed in pochi casi in meglio.
L’aumento sia della popolazione che della ricchezza sono stati straordinari. L’influenza culturale nordamericana ha ulteriormente appiattito le già scarse differenza culturali che vi erano. Ormai sulle Ande si fa il “baby shower” e si adora il “Kentucky Fried Chicken”. La piatta tristezza dell’omologazione regna.
E’ aumentata enormente la ricchezza, ma in un quadro di ingiustizia sociale inconcepibile per un europeo. Quindi: esplosione della delinquenza comune e radicamento di quella organizzata. Con l’eccezione di Cuba (il paese più sicuro al mondo) e del Cile, tutti i paesi sudamericani sono molto pericolosi per i locali e per i turisti. Impossibile circolare in tranquillità nelle città, difficile allontanarsi dai perimetri turistici controllati dalle polizie. Lo straniero che va a zonzo solo con molta fortuna eviterà frangenti magari non pericolosi per la sua vita, ma certo sgradevoli per la tranquilla prosecuzione del suo viaggio: furti, taccheggi, rapine.
Quindi l’unica possibilità per i turisti non particolarmente attirati dal pericolo (ve ne sono molti anche di quelli) resta il resort sulla spiaggia, da cui non si esce per tutta la durata del soggiorno o, se lo si fa, solo in gruppi protetti per le famigerate gite organizzate. Anche molto diffusa la micidiale crociera caraibica dove si mette addirittura il mare fra il turista e il delinquente locale.
Del resto, il continente è sempre più monotono e quegli infiniti viaggi in bus che vi si facevano (e che io mi ostino a farvi) hanno perduto completamente di senso. La noia di quei tragitti dava, una volta, senso al viaggio. Si esplorava l’enormità di quei luoghi, noi europei abituati alle corte distanze. Più ci si annoiava in quelle giornate e nottate di bus puzzolenti, più ci pareva di misurare la vastità del mondo. Ora vince l’esperienza intensa, rapida e concentrata: l’esatto contrario.
In questi tempi nei quali la gastronomia ha soppiantato la cultura, il continente sudamericano non ha niente da offrire. Vi si mangia, infatti, malissimo. Certamente peggio che in qualunque altro luogo del mondo. Si salvano il ceviche e l’asado, ma per il resto è notte fonda. Il piatto più famoso, la fejoada brasiliana, può uccidere un toro.
Fa quindi bene, la gente, a non andare più in Sudamerica: pericoloso, monotono, privo di attrattive.
Vivo in Colombia con intervalli a Panama e Venezuela (ormai da scartare peccato).
Beh, non ti sei andato a scegliere il meglio…. Venezuela escluso, la cui gente mi piace molto, per non avere il solito complesso di inferiorità di quasi tutti gli altri. Prova a vedere il mio articolo sulla penisola di Paria… Ci ho lasciato il cuore, ma meglio quello della vita.
Fanno bene gli italiani adesso a trasferirsi in Portogallo,Irlanda,Bulgaria…due,tre ore di volo dalla penisola e sono in europa, alla fine. Emigrai qui nel 2006 ma dovessi farlo adesso non lo rifarei anche se ormai i miei interessi ed i miei affetti sono qui e sono stato anche felice.Le leggi migratorie sono diventate piu dure,costo di vita a volte superiore al nord america e all’europa, sicurezza che peggiora.E la gente sta diventando antipatica,il mito del cordiale latino si sta un pó abissando…una schiera di “parvenu” da far paura che ti guardano con sufficienza ma sempre con quel complesso d’inferioritá latente perché vorrebbero essere europei o americani e non ti possono trattare come i loro compatrioti di livello sociale piú basso ma sanno solo scimiottare i nostri peggiori difetti in maniera grottesca…basta vedere la maniera dozzinale di come si vestono con capi di seconda pagati oro.Ricordo una volta una brasiliana comprare un inutile ma costosissimo souvenir (nessuno con un pó di criterio l’avrebbe fatto ) in piazza San Marco a Venezia solo per darsi un tono….
Sante parole, fa piacere trovare qualcuno che vede le cose come te. Non mi succede spesso. Ma dove sei?