Addio a Corvo?

Addio a Corvo?

Novembre 5, 2010 2 Di ilviaggiatorecritico

Corvo visto da Flores. L’isola è piccolissima e lontana da tutto, se si pensa che anche Flores è un’isola minore.

Stanotte il tempo è cambiato e da un ventaccio caldo da sud si è passati ad un ventaccio freddo da nord-est, assai cangiante. Siamo anche nella nebbia. Quindi l’aereo che vorrei prendere per tornare a Flores è di arrivo incerto. Sto aspettando notizie. Aereo, perchè di mare, basta, ho gia dato.

Ieri ho finalmente potuto dare un minimo di risposta alle domande che mi facevo nel post dell’invettiva per Corvo.  Le Azzorre furono ufficialmente scoperte (ci tornerò sul tema) nel 1452 circa. A Corvo furono fatti alcuni tentativi, abortiti, di popolamento umano; ma fu solo nel 1548, un secolo dopo, che si riuscì ad impiantarci quella ventina di coppie di contadini. Ebbene, erano schiavi (bianchi?) provenienti dall’altro arcipelago atlantico in mano ai Portoghesi: Capo Verde e precisamente dall’isola di Sant’Antao, l’unica minimamente agricola. Solo in seguito vennero a Corvo anche persone libere.

La terra dell’isola di Corvo fu ripartita fra gli abitanti solo nel 1853. Per tre secoli appartenne tutto alla Corona che lo concesse, contro un affitto, a dei dignitari di corte. Questi ultimi imposero tributi spaventosi alla popolazione residente. Tanto gravosi che quasi tutto il grano  e buona parte della lana prodotti erano consegnati come tributi e la gente si riduceva a mangiare il pane prodotto con la farina del giunco (?) ed ad andare mezzi nudi. Cronache dell’inizio dell’800 parlano di condizioni di simil schiavitù, come i portoghesi erano soliti fare nelle loro colonie. I tributi furono ridotti solo nel 1832 ed eliminati qualche anno dopo.

Quindi l’aria che si respira anche oggi, può ben venire dalle terribili origine e condizione in cui i colonizzatori e i loro discendenti furono tenuti.

Che la schiavitù e la misera sia una cosa che resta dentro ad una popolazione, a lungo, è dimostrata dal fatto che, ancora oggi, le persone che occupano gli incarichi più rimunerati dell’isola vengono sostanzialmente da altre isole. I locali-locali son rimasti alle mucche ed alla pesca.

L’unica traccia, ma un pò consolante, di ribellione sociale alle miserrime condizioni l’ho trovata nei contatti, clandestini, che gli isolani facevano con i pirati. Questi si aggiravano fra le isole, in attesa dei galeoni dall’America, e si rifornivano di acqua, cibo e legname dai corvini.

Una volta finiti i pirati, non restò loro, come unica maniera di uscire dalle grinfie dei tributi a Lisbona, che di imbarcarsi (sempre clandestinamente, erano come servi della gleba) sulle baleniere americane che passavano per qui e, dopo, magari, di restare in America. Un’altra bella galera!